Canon TS-E 17mm f/4 L

Vacanze decentrate con TS-E 17mm f/4 L

A dispetto del titolo, il posto è tutt’altro che “decentrato”, sperduto e fuori dalle rotte turistiche convenzionali, anzi è la meta di milioni di visitatori che ogni anno decidono di passarvi alcuni giorni o settimane … per i più vari ordini di motivi.

Si tratta di Amsterdam che, tra le sue molteplici attrattive, offre anche quella di un impianto architetturale molto inusuale per la maggior parte delle città a cui siamo abituati.

Proprio per questa caratteristica ho pensato che sarebbe stato interessante fare qualche esperimento di ripresa utilizzando un tipo di obiettivo fatto apposta per le esigenze della fotografia di architettura urbana.

Mi sono quindi imbarcato alla volta di Amsterdam armato di una Canon 5D Mark II su cui era montato un TS-E 17mm f/4 L messomi a disposizione da Camera Service Italia che ringrazio della squisita disponibilità, avendomi chiesto in cambio solo di scrivere qualche piccola nota in cui fossero riportate le sensazioni avute nell’utilizzo di quest’ottica e qualche suggerimento sulle possibilità e modalità d’uso.

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    Ma che cos'ha di particolare il TS-E 17mm f/4 L?

    Ebbene, si tratta di un obiettivo che trasforma la vostra fotocamera reflex in un piccolo banco ottico poiché consente di “decentrare” e “basculare” il gruppo ottico frontale con i risultati che cercherò di illustrare nell’articolo.

    Chi di voi non ha mai ripreso la facciata di una chiesa o di un palazzo storico? Pochi o nessuno, immagino, la maggior parte credo che l’abbia fotografata svariate volte e quelli che lo fanno spesso sicuramente avranno fatto i conti con un ineludibile problema derivato dal fatto di essere una specie animale di “terra”.

    Canon TS E 17mm f4 L

    Quando fotografiamo un edificio di una certa altezza, soprattutto se non possiamo allontanarci molto da esso per riprenderlo nella sua interezza, siamo costretti ad inquadrare verso l’alto invece che in orizzontale e, per questo motivo, otterremo una figura deformata a causa della prospettiva, con una base larga e le linee cadenti che, invece di apparire parallele e verticali (come ci si aspetterebbe), diventano oblique e convergenti in alto (verso quello che si chiama “punto di fuga”).

    Tralasciando i casi in cui questa deformazione diventa un elemento compositivo voluto, in tutti gli altri casi la cosa rappresenta un problema al quale va trovata un rimedio. Di soluzione ce n’è più d’una, in verità, ma ognuna presenta degli effetti collaterali più o meno rilevanti ed indesiderati.

    1. Photoshop (e quando mai...)

    Strumento di post produzione che, al pari dei suoi omologhi nel panorama del software di elaborazione digitale delle immagini, sembra la panacea di tutti i mali di cui può essere affetta una fotografia. Esso dà la possibilità di forzare una deformazione opposta a quella imposta dalla ripresa non orizzontale di edifici allo scopo di consentirne il “raddrizzamento”.

    Controindicazioni:

    Si perde una parte di immagine a contorno e se, come in questo caso, non si calcola bene il margine di sicurezza nell’ampiezza dell’inquadratura, si finisce per perdere anche un bel pezzo del soggetto.

    La parte superiore, che viene allargata per equipararla in proporzioni a quella inferiore, risiede in origine, sul sensore, in una zona più piccola, per cui è registrata su un numero di pixel che può essere anche molto minore di quello su cui è registrata la parte inferiore.

    Quindi è come se la nostra fotocamera perdesse risoluzione andando dal basso verso l’alto; ciò significa che potremo ingrandire la nostra fotografia (raddrizzata) molto meno che non quella originale (deformata prospetticamente) perché i limiti di risoluzione comincerebbero ad apparire molto prima nella parte superiore.

    Si può anche notare che Photoshop “sceglie” giustamente di far fluire i pixel verso il basso (guardate l’altezza del corpo dell’edificio) probabilmente per riequilibrare le proporzioni tra la zona superiore e quella inferiore. Questo induce uno schiacciamento dell’immagine che vanifica gli sforzi dei passanti per tenere sotto controllo il proprio giro vita…

    A questo si potrebbe rimediare comprimendo l’immagine in orizzontale al prezzo, però, di un’ulteriore generalizzata perdita di risoluzione.

    2. Evitare la deformazione inquadrando orizzontalmente

    Nessuna necessità di raddrizzamento per cui nessun problema di risoluzione.

    Controindicazioni:

    Se non posso allontanarmi a sufficienza rischio di tagliare il soggetto ad una certa altezza (torri e campanili sono sempre quelli che ci rimettono le penne per primi).

    Magari, ben che vada, riesco appena appena ad evitare il taglio ma posso scordare di usare il cielo come elemento compositivo. Se invece posso allontanarmi abbastanza allora riesco a far entrare nel fotogramma anche il cielo ma a costo di dedicare, volente o nolente, mezza inquadratura al selciato che potrebbe non meritare tanto risalto. In un certo senso anche questo equivale ad una perdita di risoluzione poiché al nostro soggetto possiamo dedicare solo la metà superiore (anzi, inferiore) dei pixel del nostro sensore.

    3. Portarsi ad un'altezza dal suolo pari alla metà di quella della facciata da riprende

    Nessuna necessità di raddrizzamento e pieno utilizzo della risoluzione del sensore.

    Controindicazioni:

    Se non conoscete l’inquilino del balcone posto alla giusta altezza di fronte alla facciata o se, semplicemente, di fronte non c’è nessun balcone, lascio a voi intuire i problemi a raggiungere la quota adatta appartenendo noi ad una specie animale di “terra”.

    Che c'entra tutto questo con il TS-E 17mm f/4 L?

    Ebbene, sfruttando la possibilità di decentrare il gruppo ottico rispetto al sensore, possiamo riprendere solo la parte superiore del nostro campo visivo normale (dall’altezza dei nostri occhi in su) senza dover rivolgere la fotocamera verso l’alto e, quindi, senza indurre alcuna deformazione prospettica.

    In pratica, se ci allontaniamo abbastanza da far entrare la metà inferiore o poco più del nostro soggetto con un’inquadratura orizzontale, possiamo letteralmente far entrare dall’alto, all’interno del fotogramma, la parte superiore della facciata espellendo di pari passo, dal basso, altrettanta parte di selciato, il tutto semplicemente ruotando la manopolina del decentramento.

    4. Un miracolo...

    Controindicazioni:

    Nessuna (amputazione delle gambe dei passanti a parte…).

    Ovviamente tale semplicità nasconde un notevole lavoro progettuale che è alle spalle di quest’obiettivo e che deve minimizzare problemi di deformazione dell’immagine, luminosità ed aberrazioni ottiche. Ma questi non sono problemi del fotografo o quanto meno non lo sono “direttamente”

    La regola dei terzi

    Nella stragrande maggioranza dei casi e tranne quando la simmetria sia una caratteristica peculiare di una nostra foto, un’immagine guadagna in comunicatività se non ci sono due protagonisti che si contendono il primato.

    L’esempio classico è il panorama, soprattutto quello marino in cui, se vogliamo evitare gli effetti indesiderati della prospettiva, siamo costretti a inquadrare con l’orizzonte giusto al centro del fotogramma col cielo che occupa la metà superiore ed il mare quella inferiore.

    L’occhio (non lui, ovviamente) non sa decidere chi è il soggetto e svaria da su a giù senza risovere la situazione.

    Piazzare l’orizzonte al terzo inferiore ci aiuterebbe a sottolineare il soggetto sopra (cielo, nuvole, edifici ripresi dal basso, …).

    Piazzarlo al terzo superiore, di contro, darebbe risalto a quanto c’è sotto (acqua, imbarcazioni, edifici ripresi dall’alto, …).

    Ok, questo lo possiamo fare con qualsiasi obiettivo, ma solo con un decentrabile possiamo ottenere che gli oggetti ripresi non siano soggetti alle deformazioni prospettiche verticali e corre l’obbligo morale di aggiungere quest’aggettivo perché per eliminare quelle orizzontali ci vorrebbe una focale 1.000.000 mm e … un’astronave …

    Musei

    Se vi capita, come ad Amsterdam (foto libere, basta non usare il flash), di entrare in un museo in cui il fotografo non è visto con la stessa avversione di un Laszlo Toth, il vandalo martellatore della Pietà di Michelangelo, allora potrà ritornarvi utile decentrare l’ottica, ad esempio, per riprendere un quadro o una statua che siano in gran parte al di sopra del vostro punto di vista senza dover inquadrare verso l’alto ed evitando, di conseguenza, di trasformare ogni quadro in un trapezio ed ogni statua in rappresentazione di esseri con piedoni e caviglie gonfie, in entrambi i casi, probabilmente, con messa a fuoco parziale.

    Posizione dei soggetti

    In generale, se siete vincolati ad una precisa posizione e direzione di ripresa ed il soggetto finisce per trovarsi in un punto del fotogramma diverso da quello che vorreste, potete usare il decentramento per selezionare una zona diversa (in cui il soggetto sia dove lo volete voi) senza cambiare la geometria della scena inquadrata.

    Ma non sono tutte qui le meraviglie del TS-E 17mm f/4 L.

    Come detto all’inizio, oltre al decentramento, quest’obiettivo permette di “basculare” il gruppo ottico anteriore per orientare in vario modo il piano di messa a fuoco.

    Cominciamo a dare un senso concreto al termine “basculare” in ambito fotografico. Noi siamo abituati a vedere in un obiettivo un oggetto cilindico con delle parti che ruotano o scorrono lungo quello che definiamo “asse ottico”.

    Se vedessimo un obiettivo con una metà piegata da un lato non lo definiremmo obiettivo basculante ma più semplicemente obiettivo incidentato.

    Una delle conseguenze più appariscenti di tale trauma sarebbe l’impossibilità di mettere a fuoco contemporaneamente gli oggetti messi alla stessa distanza dalla fotocamera, cosa fondamentale che noi ricerchiamo in ogni obiettivo.

    Ma se ci servisse avere a fuoco oggetti posti a differenti distanze?

    Esempio: ho un quadro alla parete, io ci sto di fronte, mi serve che il mio obiettivo metta a fuoco tutta la tela, perpendicolare rispetto alla mia direzione di ripresa; allora metto a fuoco un qualsiasi punto e voglio che sia tutto a fuoco. Mi serve un obiettivo non incidentato.
    Ma se invece di un quadro ho un prezioso tavolo intarsiato e, sempre a causa del fatto che non posso volarci sopra, devo per forza di cose riprenderlo stando di lato, come faccio a mettere contemporaneamente a fuoco la parte più vicina e quella più lontana?
    (niente chiusura di diaframma, nei musei c’è poca luce e non poso usare il cavalletto per una posa di 10 secondi … neanche ad Amsterdam …)

    Inaspettatamente, un obiettivo <strong>piegato</strong> ha la caratteristica di mettere a fuoco un piano inclinato rispetto all’asse di ripresa e potrebbe consentirmi la perfetta messa a fuoco di tutto il tavolo. 

    Ecco, l’idea è questa, dotare l’obiettivo di un meccanismo per “piegarsi” in modo controllato e consentire questo genere di foto.
    Qualcuno potrebbe dire “ben strane e poco comuni, queste foto“, mbè, sì e no…

    Aggirandomi per mercatini e negozi e canali navigabili ho trovato più di un’occasione per trovare giovamento dal meccanismo di basculaggio.

    Insomma, in molti casi in cui bisognerebbe estendere la profondità di campo senza andare incontro ai problemi di una estrema chiusura di diaframma si può provare ad utilizzare il basculaggio dell’ottica.

    Attenzione, però, si cambia l'orientamento del piano di messa a fuoco, non la profondità di campo!

    Ciò significa che posso trovare il basculaggio sempre adatto per mettere a fuoco 3 oggetti posti in varie direzioni e a differenti distanze (c’è sempre un piano che passa per tre punti, anche se ci sono alcuni limiti per posizione nello spazio ammissibile) ma da 4 oggetti in su non è detto che ciò sia possibile.

    In compenso, nei limiti di cui dicevo sopra, se ho anche 1000 oggetti, a prescindere dalla loro distanza, purché siano più o meno disposti su uno stesso piano comunque orientato, posso metterli a fuoco tutti.

    Una cosa va detta riguardo l’uso del decentramento rispetto a quello del basculaggio, se il primo si può effettuare correttamente con estrema semplicità, la regolazione del secondo è più problematica poiché nel mirino è abbastanza difficile stabilire cosa è a fuoco e cosa no (per inciso, l’obiettivo è manuale) e la funzione di messa a fuoco assistita dell’autofocus, che aiuta in caso di obiettivi manuali, con l’uso del basculaggio perde efficacia, almeno con la 5D Mark II.

    Liveview con lo zoom

    A questo proposito può venirci incontro il liveview effettuando lo zoom e scorrendo le varie zone dell’inquadratura.

    Confesso, però, che in molte occasioni ho ciccato la messa a fuoco anche perché gestire a mano il tutto senza l’ausilio di un cavalletto è una bella prova per dita e polsi e poi, utilizzando il liveview con lo zoom, c’è sempre il rischio di ruotare inavvertitamente la fotocamera la quale si porta appresso inesorabilmente il piano di messa a fuoco dal quale finiscono per uscire gran parte degli oggetti che stavamo cercando di mettere a fuoco.

    Ciò nonostante, quando le condizioni ci aiutano, ci possiamo portare a casa delle foto altrimenti impossibili.

    E questo è quanto posso raccontarvi riguardo le caratteristiche del TS-E 17mm f/4 L secondo le finalità classiche per cui è stato progettato. Ma nessuno vieta di usarlo … al contrario …

    Per esempio, così come è possibile, decentrando, neutralizzare gli effetti della prospettiva, è anche possibile, al contrario, accentuarli.

    E se basculando si possono ottenere delle messe a fuoco fuori dalla portata di un obiettivo convenzionale, con lo stesso meccanismo si possono cercare degli sfocati impossibili per un’ottica comune.

    Io getto il sasso e lascio a voi il gusto di inseguire la vostra fantasia.

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